Si fa presto a dire obiettori

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Cara Rossini, la drammatica Storia della giovane donna incinta di due gemelli, morta in un reparto ospedaliero di Catania dove lavorano solo medici obiettori, impone di tornare a discutere della legge che regola l’interruzione di gravidanza nel nostro Paese. Penso ai LEA direlli essenziali assistenza) che dovrebbero comprendere anche l’aborto, ma che invece non sono rispettati dalle cliniche private e accreditate che si rifiutano di somministrare la pillola del giorno dopo anche nei casi di donne violentate. I medici, le ostetriche e gli infermieri abortisti si trovano, basta cercarli. Quindi responsabilità gravi anche dei dirigenti di struttura che avrebbero l’obbligo di provvedere con personale esterno perchè la legge è chiara e dice che l’aborto deve essere praticato sia nel pubblico che nel convenzionato. Perchè allora si lascia ai soli ospedali pubblici l’espletamento degli obblighi di legge? Per tornare all’ospedale dove è morta la mamma e i suoi due bimbi, perchè non era presente almeno un medico non abortista?
Ma che amministratori abbiamo se non sanno far applicare le leggi dello Stato?

Marisa Clementoni Tretti

Quanto lei denuncia è tristemente vero e la tragica vicenda di Catania, anche se finora non sono emerse responsabilità dirette. Lo ha confermato il numero esorbitante dei medici (circa il 70 per cento) che si serve, il più delle volte pretestuosamente, dell’articolo 9  della legge trincerandosi dietro precetti di fede o sussulti dell’anima, dovrebbe portare a ridiscutere la possibilità stessa dell’obiezione di coscienza, almeno negli ospedali pubblici. Sono passati quarant’anni da una legge che ruppe un tabù ma accettò dei compromessi e tra gli addetti ai lavori circola una proposta ispirata al buon senso che è diventata anche una petizione on line (su charge.org). Dice più o meno che se uno specialista decide di lavorare in un ospedale pubblico che garantisce il servizio di interruzione di gravidanza, non può usare il privilegio dell’obiezione: andrà nel privato dove la situazione è già quella che lei descrive, ma almeno libererà gli ospedali dall’ombra dell’interdetto.

Stefania Rossini

da L’Espresso, n.45 – 6 novembre 2016. Rubrica “Noi e Voi”.

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